Paolo De Benedetti, L’alfabeto ebraico, Morcelliana
Un piccolo saggio che ci parla dell’alfabeto ebraico in grado però di calarci nella poesia ad ogni passo,o meglio, nell’atto stesso della creazione poetica e divina. Tutto questo perché nessun alfabeto,come quello ebraico,ci apre,ad ogni singola lettera,al mistero portando con sé spazi e silenzi dell’atto creativo e lo spessore originario del segno stesso. Come si legge nella premessa al testo : “quest’alfabeto è intriso di storia, di senso,di materia dell’uomo e di presenza di Dio”.
Ci si avvicina ad esso con “suggestione”e “rispetto”, consci di una doverosa sospensione dei
pre-giudizi e dei limiti delle proprie interpretazioni, poiché è proprio nell’essenza di queste lettere l’impossibilità di “approdare alla staticità di una definizione in sé conclusa”.
De Benedetti ci mostra come nell’ebraico la parola necessita di essere scritta, perché” l’alfabeto è uno degli elementi essenziali per la nascita-creazione del mondo”.
Le ventidue lettere,nel loro spessore, nella loro concretezza, “create da Dio come le montagne e i pesci”, hanno forma quadrata e non vi è casualità ma solo necessità anche nel loro ordine. Così, per esempio, la prima lettera, l’Alef, è silenziosa, ricca di “quel silenzio iniziale di Dio ma anche del suo parlare”. La seconda lettera, Bet , poiché ogni lettera è anche numero, indica il due, fondamentale nell’ebraismo dove”una cosa sola è uno ed è Dio, tutto il resto è due”.
Intramezzata alla sua analisi, finemente curata, di ogni singola lettera, l’autore accenna alle diverse, possibili forme di interpretazione, attenendosi a quella “più umile” dell’esegesi tradizionale e mettendo in luce i rischi delle speculazioni mistiche più estreme della qabbalà (facile è infatti il pericolo di “volare molto lontano”) oppure quello di cadere in un’estrema “laicizzazione” dell’alfabeto.
Ma nel mezzo degli estremi interpretativi è proprio il gesto del singolo, nel suo approssimarsi alle lettura, che apre alla possibilità di cogliere,come indicato nella citazione di Levinas, “fra tutte le parole della scrittura quella destinata solo a me e che scoprirò, forse, nella mia vita”. La ricerca del senso di finalità, di “adempimento”, ci appare così come un suggerimento e un cammino da intraprendere.
MlB